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Legality Band Project: “Parliamo di legalità a colpi di rock"

Un progetto per stimolare la crescita e la consapevolezza del valore dei luoghi attraverso la musica, che è un linguaggio comprensibile a tutti, nessuno escluso

di FRANCESCO MARIA GALLO*
Lanciare sassi che fanno male. Che devono fare male, colpire i giovani, scuoterli, far loro rimboccare le maniche. Questa è una delle mission di Legality Band, nata quattro anni fa, grazie alla caparbia passione di sette amici che amano il rock e lo interpretano come mezzo di comunicazione sociale e civile soprattutto verso i giovani.

Una band che a colpi di rock (in italiano significa sasso, ndr), gira lo Stivale per promuovere il valore della legalità. Non solo. Legality Band Project, attraverso le sette note, crea rumors per stimolare la crescita e la consapevolezza del valore dei luoghi attraverso la musica, che è un linguaggio comprensibile a tutti, nessuno escluso.
Insomma, non solo musica ma molto di più. Legality Band è un progetto volto a stimolare consapevolezza ai giovani del loro presente, perché il futuro si crea nel presente, e a creare aggregazione positiva, sinergie, soprattutto su territori difficili.

La nascita della band è legata alla mia esperienza umana e personale, figlio di Pretore calabrese in prima linea contro la criminalità.
Il mio destino sarebbe dovuto essere quello di laurearmi in giurisprudenza. I miei genitori, nel lontano 1982, mi spedirono a Bologna per farmi studiare all’università, ma quando vi arrivai mi iscrissi invece a DAMS..

Mio padre inizialmente non la prese proprio bene, e poi man mano si rese conto che quella scelta mi faceva felice e mi sostenne. Lo fece in una maniera assai singolare: ogni volta che stavo preparando un esame mi chiedeva quali libri studiassi. Si comprava gli stessi libri, e li studiava contemporaneamente a me.
In realtà avevo deciso di occuparmi del tema della giustizia e della legalità semplicemente da un altro punto di vista.

Il mio Rock Sociale nasce molto prima, nella mia Calabria, con il rock popolare de i Calabrolesi, una band ancora esistente e della quale sono il fondatore. Facevamo concerti nei luoghi fortemente contaminati dalla criminalità, ed eravamo centrati sul discorso antimafia. Io però mi accorgevo che oltre alla musica, importantissima, si doveva fare anche altro.

In poche parole, mi sono reso conto che per strappare i giovani dal welfare del criminalità, contro il quale mi schiero a duri colpi di rock, bisognava offrire loro anche opportunità concrete di tipo aggregativo, sociale, culturale.

Così nasce Legality Band Project. Infatti la vera novità della band sta in ciò che c’è ma non si vede immediatamente sul palco.

Noi andiamo sui territori e oltre a suonare, intessiamo relazioni con gli attori locali sani per stimolarli all’aggregazione sociale, al fare rete soprattutto al sud, in sinergia con le associazioni dei territori che attraversiamo con il nostro rock. Connettiamo accompagnando i giovani in una rete virtuosa per una crescita sostenibile: solitaria e solidale.  Una crescita in armonia con i territori che temporaneamente dimorano e che chiedono di essere amati.

L’idea è quella di diffondere un modello replicabile di crescita  sociale e etica, sotteso da un importante messaggio: l’economia civile ed etica è possibile ed è replicabile su qualsiasi territorio.

In Legality Band abbiamo alle spalle esperienze musicali diverse. La scelta di questo eclettismo non è casuale, perché vogliamo mostrare che le diversità riescono ad interagire in maniera armonica generando bellezza.

E sempre non a caso la nostra musica è fortemente contaminata: ci deve essere un passaggio di comunicazione tra vari linguaggi per comprendersi meglio. Si passa infatti dal rock al pop, all’etno: contaminazioni che creano un mood travolgente, appassionato, vissuto, incazzato ma anche innamorato.

I testi sono molto importanti per il loro contenuto etico e sociale. Alcuni inediti scritti da me, come Ventu, ti frichi i d’iddra, la rielaborazione testuale di Bella Ciao e altri sono testi molto noti come ad esempio “Ci vuole un fiore”  (testo scritto da Gianni Rodari) o la famosa canzone per bambini “Il Caffè della Peppina”, soltanto cambiati nell’armonia e nel fraseggio musicale, e trasformati in canzoni di urlo per farsi sentire.

Ed è per tutto questo che non potevo mancare al Festival della Crescita, quel Movimento per la Crescita Felice, fortemente voluto da Francesco Morace: “una Comunità, non di sangue e di suolo, ma di speranze e progetti reticolari, che conciliano innovazione, etica e sostenibilità” per far germogliare, aggiungo io,  quel seme di una crescita armonica che ogni essere umano porta con se dalla nascita.
 
Vi aspetto il 19 ottobre alle 16:30 al talk CIVILÈ – LO SCENARIO DELL’ECONOMIA CIVILE con Virginio Carnevali (Transparency International Italia) Enrico Fontana (Economia Civile Legambiente) Riccardo Taverna (Aida Partners Ogilvy PR) e Francesco Morace (Future Concept Lab)
 
E il 20 ottobre alle 19:30 al mio unplugged rock MIGRAZIONI E RESISTENZA. TERRITORI E MUSICHE IN CHIAVE ROCK presentato da Giovanni Anversa (Rai 3). Ovviamente il tutto a Palazzo delle Stelline a Milano.
 
* Frontman Legality Band Project
 
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